REVIEWS
THE HUMMING CLOUD
 
 
Un viaggio che segue i ritmi del cuore e della memoria. Un RESPIRO (è la parola-chiave di questo lavoro, a mio avviso) tra fisica e metafisica, tra natura e spiritualità, tra cosmo e individuo.
Il lento dispiegarsi di The Humming Cloud è come un piano-seqeunza di Anghelopoulos, magnifico come l’assolo di Fabrizio Puglisi e quello quasi psichedelico di Vincenzo Zitello (che dà una spezia timbrica impareggiabile a tutto il cd, insieme al violoncello di Marco Ricci). In chiusura la ninna nanna per un leone ha l’andamento di un saluto mediterraneo, commovente ma vitale, direi (con un ossimoro) lunare e solare al tempo stesso...
 
Ivo Franchi
 
 
La tua musica mi è apparsa come il sunto della potenziale ricchezza culturale e musicale europea. L'ampiezza delle tue atmosfere musicali spazia da velati, quanto intriganti, richiami sia alla mediterraneità quanto alle arie celtiche, includendo il nostro infinito background classico e popolare; e naturalmente le istanze jazzistiche.
La tua “musica totale” ha gli accenti della nostra contemporaneità e il maestoso respiro del grande passato, offrendo l’opportunità, avvolgente e suadente, di un sontuoso viaggio spirituale. Ascoltando la tua musica si può vivere “l’avventura” del presente/futuro, ma al contempo “sentirsi al sicuro”, nell'abbraccio della grande cultura che da sempre ci ha offerto le più salde radici.
Un lavoro di grande intuizione, di grande levatura artistica, che sicuramente rimarrà nel tempo con la peculiarità dei “classici”.
 
Bruno Pollacci – Animajazz
 
 
La musica prende l’ascoltatore nella sua essenza e lo scuote e lo spossa. Ha arrangiamenti stupendi ed esecuzione (e quindi direzione) di grande pregio e assoli importanti.
 
Franco Fayenz – Il Foglio
 
 
È unica la sua simbiosi con l’orchestra, che egli usa per evocare, colpire, scuotere, commuovere. In sei brani – parlati, cantati, ricchi di citazioni – disegna un universo.
 
Lorenzo Viganò – Magazine del Corriere della Sera
 
 
Chi scrive resta stupito da un particolare: la personalità, l’originalità nel dotare di forme e contenuti il lavoro (in altre parole lo stile)... tutte qui, di nuovo, evolute e coerenti, in un percorso che consolida per Betti van der Noot uno spazio che altri non occupano nel panorama della musica per big band. Prosegue quel gusto speciale nell’affiancare timbri e sonorità che si caratterizzano per l’essere ben diversi eppure non stridenti...
 
Pier Luigi Zanzi – Suono
 
 
Ogni suo disco ha un senso, una ragione, altrimenti semplicemente non esisterebbe. La scrittura di Betti è imprevedibile, lontana dal luogo comune del tema esposto e poi seguito dalle improvvisazioni. Lontana tanto dal radicalismo quanto dalle secche boppistiche, la sua musica è una sintesi azzeccata fra il lascito della tradizione e la nevrosi dei tempi presenti.
 
Piercarlo Poggio – Blow Up
 
 
Come per le altre opere di Betti van der Noot, anche questo The Humming Cloud è caratterizzato da una scrittura densa e da impasti continui e progressivamente cangianti, creati per esplorare situazioni sonore diverse e molteplici espressioni emotive nei medesimi brani. Le strutture rimandano più a un’orchestra classica moderna che non a una big band. Su tutto domina la regia di betti van der Noot, precisa e maestosa come la musica che ne scaturisce. Importante, in due brani, l’inserimento di liriche sofisticate sia nei testi sia nell’interpretazione, in particolare in Hubris and Dust, poetica stigmatizzazione della guerra in Iraq.
Senza dubbio un lavoro di spessore superiore, composto e diretto come raramente capita di ascoltare ed eseguito in modo impeccabile.
 
Neri Pollastri – All About Jazz
 
 
La scrittura che di quest’opera felice tesse il velluto conferma quella finezza da orefice con cui Betti muove i nuclei del gruppo, la dinamica, i tempi. E dato che le sue orchestre – come struttura e modi d’uso – sono tutt’altro da una normale big band, ancor prima del compositore va apprezzato il progettista, per i temi dettati dal suo lirismo e per gli organici formati mirando soprattutto a sonorità non abusate.
 
Gian Marco Maletto – Musica Jazz
 
 
Affascinante e puntuale, costruito e pensato con una notevole eleganza è questo ultimo lavoro di Dino Betti van der Noot. Elegante ma, si potrebbe dire in senso figurato, non sinuoso, con un altalenarsi di forme più morbide a forme robuste e decise. Un vero lavoro sincretico, in cui si trovano amalgamati elementi molto diversi che tuttavia non si disperdono e non rimangono ad uno stadio liquido ma si propongono in una forma precisa, chiara, riconoscibile. Il succedersi dei brani – e lo stesso fluire d’ogni singolo brano – non lascia mai la sensazione di una dispersione formale. Il compositore sa esattamente in quale direzione andare e costruisce su questa direttiva tutti gli spazi improvvisativi in cui i musicisti riversano la loro musica. La grammatica musicale è essenzializzata. Le frasi costruite in modo da arrivare chiare e nitide all’ascoltatore, senza barocchismi ma neppure senza semplificazioni.
Questo essere continuamente definita, nota dopo nota, rappresenta una caratteristica compositiva evidente dell’opera ed il segno di una precisa scelta stilistica compiuta dall’autore. L’attenzione con cui viene considerata ogni singola voce strumentale è il frutto di una volontà di ricerca timbrica e di colore orchestrale che raggiunge livelli di definizione e di raffinatezza notevoli. L’apporto di questi elementi naturalmente non stempera la dimensione, per così dire, razionale dell'opera ma immette con determinazione – sebbene senza veemenza – una specifica emotività che investe direttamente l'ascoltatore. L’equilibrio tra aspetto razionale ed emotivo è fondamentale nell’opera. Se è vero che la musica, nel suo complessivo andamento, non colpisce visceralmente spingendo a battere freneticamente il tempo, è altrettanto vero che la dimensione emotiva e pulsionale è capace di coinvolgere interamente chi ascolta portandolo attraverso stati emozionali anche profondamente differenti.
 
Alessandro Giamatti Fubini – Jazzitalia
 
 
La présente réalisation mêle de nouveau musique et poésie, chant et programmation électronique, solos et rythmiques jazz. En resulte un foisonnant mélange, un écriture savante et populaire, rigoureuse et ouverte, et par un art d’allier les couleurs et les timbres qui en font le saveur.
 
Thierry Quénum – Jazz Magazine
 
 
Quando decide di impegnarsi nell’attività di libero artista creativo, Dino Betti ogni volta sfodera testi sonori che hanno il carattere di una pietra miliare. Con questo Humming Cloud siamo rimasti affascinati dalle grandi tensioni che lo disegnano.
 
Giampiero Cane – Alias